Le storie

Messi come Maradona, siamo sicuri che sia l’epilogo felice del Mondiale?

Siamo proprio sicuri che la vittoria del Mondiale da parte di Messi sia un epilogo felice? Accantonate in pochi giorni le polemiche sull’assegnazione dell’evento sportivo a un paese in cui i diritti civili sono quasi inesistenti, il Mondiale ha incassato un successo dietro l’altro: in campo e fuori, le partite hanno garantito successi e ottimi ascolti fino alla più romantica delle vittorie, quella di Lionel Messi, il redivivo Maradona, che può finalmente spazzare via la rivalità con Cristiano Ronaldo e aggiudicarsi l’epiteto di “migliore del mondo”.

Messi e l’Arabia Saudita

Giù il cappello per quanto fatto vedere sul rettangolo di gioco, ma occhio alle santificazioni: Lionel Messi è l’ennesimo strumento di geopolitica e sportwashing a servizio dei paesi arabi e del calcio moderno. Ambasciatore Unicef dal 2011, è stato ingaggiato anche dall’Arabia Saudita nella colossale opera di rivoluzione economico-sociale (o per meglio dire, tentativo di ripulirsi la faccia) conosciuta come Vision 2030. Si tratta dell’accordo legato alla promozione del turismo e alla promozione del volto moderno dell’Arabia, in cui lo sport gioca un ruolo fondamentale: con il golf e sponsorizzazioni del calibro di Messi, il tentativo del paese è appunto quello di dare al mondo una faccia diversa rispetto a quella di stato autoritario che ha ucciso il giornalista Jamal Ahmad Khashoggi e provocato la morte di 11.000 bambini yemeniti, come riportato proprio dell’Unicef (ironia della sorte). La durata e i termini dell’accordo con Messi sono segreti secondo il The Athletic, che ha indagato su questa opinabile collaborazione, ma il neo campione del mondo ha già iniziato a lavorare, pubblicando foto sullo yacht del suo viaggio iper-sponsorizzato in Arabia Saudita. Addirittura il Ministero del Turismo di Riad ha aperto una pagina del sito ufficiale che si chiama proprio “Messi” e che invita a scoprire l’Arabia Saudita utilizzando il nome del calciatore buono. Un ruolo fondamentale, come sottolinea la giornalista Cecilia Sala nell’episodio 206 di Chora Media, lo ha giocato niente di meno che Turki al-Sheikh, amico personale del principe ereditario Mohammed bin Salman e come lui spietato persecutore degli oppositori politici.

Messi e il Qatar

Oltre all’Arabia Saudita ha sorriso anche il Qatar. Strano gioco del destino quello che ha voluto Mbappé di fronte a Messi nella finale del Mondiale del Qatar: neanche nei suoi migliori sogni, il presidente del Paris Saint Germain e del fondo sovrano Qatar Investment Authority Nasser Ghanim Tubir Al-Khelaïfi avrebbe potuto sperare di vedere le due stelle della sua squadra scontrarsi nella finale del Mondiale in Qatar. E lo scatto finale, che porterà Messi all’immortalità, è l’emblema di quello che il calcio moderno è diventato. Coperta la maglia dell’Argentina, Messi ha alzato la coppa con indosso il bisht, prestigioso simbolo di regalità nella tradizione araba che gli ha fatto indossare l’emiro del Qatar Al Thani.

Messi come Maradona

“E a Diego dal cielo lo possiamo vedere, con Don Diego (suo padre) e con la ToTa (sua madre) incitando Messi” cantano i tifosi dell’albiceleste che hanno affollato le strade argentine in seguito alla vittoria sulla Francia. Ma siamo proprio sicuri che Messi sia il nuovo Maradona? Diego, neanche lui scevro da contraddizioni e amicizie rivedibili, era però l’emblema del Sud del mondo pronto a sfidare i poteri forti. Per tutta la vita ha lottato contro Fifa, Uefa e Stati Uniti senza mai risparmiarsi e nascondersi. Il silenzio di Messi alle domande su Khashoggi e sull’intervento saudita in Yemen sono quanto di più lontano si possa immaginare dalla Mano de Dios che ha riscattato l’Argentina dall’imperialismo britannico. E anche la vittoria di ieri non è servita a far luce sulla condanna a morte del calciatore iraniano Amir Nasr Azadani che si è esposto a difesa dei diritti delle donne; o sulla morte degli almeno 6500 lavoratori che hanno costruito gli avanguardistici stadi dove Messi ha disputato questo Mondiale; o sulla mancanza di diritti umani di paesi come l’Arabia Saudita che continuano a bombardare civili mentre si ripuliscono la faccia a suon di sport. 

Messi e la narrativa del buono

Messi, chapeau, come direbbe qualcuno. L’uomo buono che le televisioni di tutto il mondo santificano a ogni pallone toccato è in realtà l’ennesimo calciatore al servizio dei poteri forti. Ma almeno, lo scatto che lo porterà alla storia, ricorderà per sempre l’ipocrisia di chi ha vinto per la Seleccion vestendo gli abiti dei potenti del mondo.