Le storie

Il calcio femminile riempie l’Olimpico. Perché è stata una serata storica

Sono passati 9 anni da quando quello che sarebbe diventato il presidente della Figc Carlo Tavecchio parlava di “donne handicappate nel calcio”; 8 anni da quando l’allora presidente della Lega Nazionale Dilettanti Felice Belolli chiamava le calciatrici “4 lesbiche”; neanche un anno da quando le atlete sono state riconosciute come professioniste, al pari dei loro colleghi uomini. Ieri lo stadio Olimpico di Roma ha registrato 39.454 spettatori per una partita di calcio femminile. L’incontro con più pubblico mai visto per il movimento italiano.

“Una partita che passerà alla storia” annuncia lo speaker al termine del match valido per i quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona. I 39.454 si alzano in piedi e applaudono le calciatrici in campo che hanno realizzato il sogno di tutte le bambine che, almeno una volta nella vita, si sono sentite dire “il calcio è uno sport da maschi”. E invece il calcio è di chi lo ama e il campo – oltre agli spalti – lo hanno confermato.

Per tutti quelli che “il calcio femminile non si può guardare”, che “non posso parlare di calcio con una donna”, che “se giochi a calcio sei un uomo”, che per commentarlo “servono belle cosce e bei sorrisi” la miglior risposta sono stati i 90 minuti di ieri. Con uno sport innanzitutto bello da vedere: con tanti spazi e contropiedi, cambi di gioco e imprevedibilità, pochi falli e zero simulazioni, per niente asfissiante ma ancora pieno di fantasia. Sembrava il calcio degli anni ’70, quando i portieri non erano colossi e i calciatori non erano body builder. Un calcio bello da vivere, con le giocatrici  innamorate della maglia che avevano addosso, emozionate di alzare gli occhi e avere uno stadio lì per loro, consapevoli del privilegio di aver fatto della propria passione un lavoro. Niente “prime donne” viziate (sì, il termine esiste solo al femminile) ma lavoratrici, atlete e tifose.

Per tutti quelli che “il calcio femminile non si può guardare”, la partita di ieri all’Olimpico è stata una risposta priva di retorica, perbenismo o fastidioso vittimismo. Non c’è femminismo migliore di quello che risponde alle critiche riempiendo uno stadio per applaudire delle donne che hanno avuto il coraggio di non credere negli stereotipi che la società cuce loro addosso.

La strada è ancora lunga, ma solo riempiendo gli stadi, permettendo alle atlete di allenarsi su campi da calcio curati e professionali, pagandole il giusto e con i giusti diritti, parlandone sui media e comunicandone la bellezza, il calcio femminile potrà raggiungere quello maschile. Per tutte le bambine che ieri sono andate allo stadio, quel sogno è anche vostro.